All'Artelier ho vissuto un'esperienza multisensoriale. Il titolo della serata avrebbe potuto essere "Metti una sera a cena" ma la trama e lo scenario sono stati diversi. Appena entri nella grande sala uno dei cinque sensi, la vista, è subito attivato da un susseguirsi di forme e colori. Mettendo a fuoco si capisce che si tratta di diversi materiali, tessuti, tele, legni, metalli, pigmenti. Al tatto senti un'alternanza di morbidezze e durezze, a tratti gommosità. Una calorosa stretta di mano ti accoglie, è di Giovanni, il padrone di casa. Presto si succedono altre strette di mano, nomi, ma soprattutto volti e sguardi interessanti. In fondo alla sala un grande schermo mostra una cantante, bella, bruna, che si sta esibendo. Giunge all'orecchio una musica soul che si diffonde piano per la sala. Sei ancora sola in quel momento, rapita da quell'improvviso mescolamento di suoni, volti, materia e colori. Ma presto le strette di mano diventano parole, poi discorsi, poi dialoghi e anche conversazioni a tu per tu, con un'insolita libertà di espressione fra uno e l'altro. Nascono interessi reciproci per le storie individuali, si scoprono affinità. Sul più bello arriva lo Chef Paolo con un grande grembiule rosso e porta piatti con cibi in composizioni variopinte da cui l'occhio è subito catturato. Un profumo accarezza il naso. Una gentile ragazza ti porge un bicchiere. Provi una sensazione ancestrale: l'acquolina in bocca, che presto diventa gusto per le papille. Più sensazioni si susseguono, in sovrapposizione, come accade in natura. La bellezza degli oggetti nelle stanze, il modo in cui sono sparsi in un rilassante disordine armonico e raffinato, tutto crea emozioni e piacere. Sei in una dimensione di bellezza a più strati. Vivi una serata di incontri interessanti e autentici, con la libertà di poter essere senza dover essere. Giovanni è l'artefice di queste serate senza tempo. Paolo, lo Chef, è lo stregone del cibo.